Informazioni generali

Conservare l’arte in modo naturale

L’inquinamento atmosferico e i fattori climatici sono alcuni dei principali nemici del nostro enorme patrimonio artistico; il problema ad oggi mantiene, purtroppo, un ruolo marginale. La normativa italiana attualmente vigente ha stabilito livelli di concentrazione di inquinanti aerodispersi per la protezione della salute dell’uomo e per gli ecosistemi, tali limiti non possono però essere presi in considerazione nelle opere d’arte che, contrariamente ai sistemi biologici, sono prive di meccanismi di autodepurazione e rigenerazione. Forse, però, approcci di conservazione e di prevenzione efficienti per la tutela delle opere d’arte sono più semplici e vicini di quello che pensiamo.

Opere d’arte e polveri metalliche

La villa Farnesina è un edificio storico di Roma, oggi sede dell’Accademia Nazionale dei Lincei. Si trova su via della Lungara, nel rione Trastevere ed è considerato uno degli edifici rappresentativi dell’architettura rinascimentale del primo Cinquecento. È scientificamente dimostrato come l’inquinamento atmosferico esplica la sua attività degradativa modificando le proprietà chimiche, fisiche e biologiche dell’aria, inducendo alterazioni più o meno gravi sui manufatti esposti. Le logge affrescate da Raffaello Sanzio si trovano distanti oltre 30 metri dalla principale strada limitrofa e, dato il loro valore storico culturale, è fondamentale monitorarne le condizioni di conservazione.

Opere d’arte, alberi e licheni

Uno studio effettuato tramite biomonitoraggio magnetico da esperti dell’Accademia Nazionale dei Lincei, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) e dell’Università di Siena ha analizzato l’impatto delle polveri atmosferiche (Pm) inquinanti emesse dal traffico dei veicoli sugli affreschi.

Come mezzi di campionamento sono state utilizzate delle foglie di tre specie di albero differenti: di Platano (Platanus sp), di cipresso (Cupressus sempervirens) e di oleandro (Nerium oleander), raccolte a settembre e dicembre 2020.

Lo studio ha previsto anche l’utilizzo di licheni (della specie Evernia prunastri, già nota nelle tecniche di biomonitoraggio) da ottobre 2020 all’inizio di gennaio 2021.

Sono stati effettuati diversi campionamenti a distanze crescenti dalla strada principale trafficata per ottenere una stima del bioaccumulo man a man che ci si avvicina alla fonte principale.

Risultati

Dai risultati si evince che mentre i licheni esposti tre mesi all’anno non risultano aver accumulato importanti quantitativi di particolato, nelle foglie campionate (sia degli alberi che delle piante) sono state rilevate polveri automobilistiche in quantità crescenti al diminuire della distanza dalla strada. Possiamo quindi confermare che gli alberi e le piante (in particolare i platani che sono collocati nei punti di fermo veicolare), assumono una funzione di bioaccumulatori e pertanto permettono di proteggere gli affreschi da questo tipo di inquinante.

Questo studio rappresenta il primo approccio di biomonitoraggio multidisciplinare per valutare l’impatto del traffico veicolare sul patrimonio culturale situato all’interno di contesti urbani trafficati. Le foglie delle piante e i licheni sono molto differenti, ma possono avere una funzione complementare nel monitoraggio ambientale; le foglie sono ampiamente diffuse nei contesti urbani e sono molto utili per un quadro immediato del bioaccumulo del particolato, mentre i licheni costituiscono degli indicatori di inquinamento atmosferico di ultima generazione che permettono di inquadrare anche la direzione di diffusione del particolato atmosferico.

Concludendo, possiamo confermare l’importanza di un approccio multidisciplinare nella conservazione delle opere d’arte.

Beatrice Lotto

Fonti:

https://doi.org/10.1016/j.scitotenv.2022.153729

https://www.isprambiente.gov.it/it/attivita/aria-1/piani-e-programmi-di-risanamento-della-qualita-dellaria/impatti-dellinquinamento-atmosferico-sui-beni-culturali

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