Salute e Benessere

Rigenerare un arto dopo l’amputazione? oggi si può

Per la prima volta la medicina rigenerativa è riuscita a stimolare la rigenerazione di un intero arto dopo amputazione; questo il risultato strabiliante ottenuto sulla rana Xenopus laevis.

Il modello

Lo studio* è stato effettuato applicando al moncone della zampa amputata un piccolo bioreattore corredato da un mix di cinque diversi farmaci.

Questo dispositivo indossabile, chiamato BioDome, contiene al suo interno un gel che, grazie all’azione combinata dei farmaci in esso collocati, va nel contempo a ridurre gli stati infiammatori, inibendo poi non solo la produzione di collagene, sostanza alla base del processo di cicatrizzazione, ma anche stimolando la crescita di vasi sanguigni, fibre nervose, neuroni e fibre muscolari.

Questa azione combinata ha evidenziato la ricrescita, in un periodo di circa 18 mesi, di un nuovo arto del tutto simile a quello perso, anatomicamente e funzionalmente analogo all’originale; la zampa rigenerata, infatti, nonostante alcune “imperfezioni” (come la mancanza di struttura ossea nelle dita) veniva normalmente usata dall’animale nel movimento e nel nuoto e presentava le normali reazioni agli stimoli.

Capacità dormienti

I risultati di questo studio pongono gli scienziati davanti ad una possibilità sbalorditiva.

Data la relativa “semplicità” con cui l’esposizione ad un cocktail di farmaci ha portato alla rigenerazione di un intero arto, la teoria dei ricercatori è che l’applicazione del BioDome e del suo contenuto vada a risvegliare delle proprietà rigenerative proprie della rana al momento silenti.

Prospettive

Questo enorme risultato, nonostante la sua portata, rappresenta solo un punto di partenza.

Infatti, da questo cocktail di partenza, valutando combinazioni di fattori di crescita e varie sostanze, si punta ora all’ottenimento di arti sempre più funzionali e anatomicamente completi.

In parallelo, studi più approfonditi saranno svolti per verificare se effettivamente già nel DNA degli organismi analizzati siano presenti meccanismi silenti di rigenerazione tissutale e, una volta individuati, comprenderne le sfaccettature.

Obiettivo ultimo l’applicazione a specie più complesse, fino ad arrivare ai grandi mammiferi e, ovviamente, all’uomo.

Fonte:

* https://www.science.org/doi/10.1126/sciadv.abj2164

Elena Colombo