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Il Gender pay gap: nuove proposte per il datore di lavoro?

Uno dei rischi che, ancora oggi, rientra tra quelli non immediatamente percepibili in azienda è il

divario retributivo tra uomini e donne in ambito lavorativo. Il problema è il seguente: il datore di

lavoro ha degli strumenti per poter risolvere, o quantomeno ridurre, il problema delle differenze

retributive nella propria realtà aziendale?

Il gender pay gap

In Italia abbiamo una normativa che garantisce la parità retributiva tra uomini e donne: l’art. 28 Codice delle Pari Opportunità. La presente norma al comma 1 vieta al datore di lavoro “qualsiasi discriminazione, diretta e indiretta, concernente un qualunque aspetto o condizione delle retribuzioni, per quanto riguarda uno stesso lavoro o un lavoro al quale è attribuito un valore uguale”.

Nella realtà poche sono le aziende che assicurano la stessa retribuzione tra i propri lavoratori, indipendentemente dal sesso. Secondo il Global Gender Report 2020 l’Italia ad oggi è al 125esimo posto tra gli Stati che garantiscono una parità retributiva di genere.

È stato infatti constatato che tra i vari fattori causa di burn-out, o di stress da lavoro-correlato, vi rientra il divario retributivo di genere. Un lavoro non adeguatamente retribuito, infatti, a lungo andare, può essere causa di insoddisfazione per il singolo lavoratore.

Il problema sta a monte: la questione non può più essere risolta semplicemente erogando misure di welfare aziendale, che sono facoltative per il datore di lavoro, ma sono necessarie nuove leggi che impongano degli obblighi in materia.

Le proposte di legge

Ad oggi una delle migliori proposte di legge alla Camera che si prefigge l’obbiettivo di risolvere il problema del divario retributivo di genere in Italia è la proposta di legge n. 522 la quale, se approvata, imporrebbe alle aziende di qualunque dimensione di disporre dei piani d’azione per cercare di risolvere, o quantomeno ridurre, il divario retributivo al loro interno.

Le aziende avrebbero un loro tornaconto a rispettare questa normativa. L’art. 2, co. 7, proposta di legge 522, infatti, garantirebbe alle organizzazioni due vantaggi: da un lato la detrazione dall’imposta lorda, fino a concorrenza del suo ammontare, per le spese documentate sostenute per l’acquisto di beni materiali strumentali nuovi, nonché di dispositivi informatici, per l’erogazione di servizi a favore dei dipendenti e delle loro famiglie, nonché per l’acquisto di ogni altro prodotto o dotazione, dall’altro l’ottenimento della certificazione di “Impresa per le pari opportunità nel lavoro”.

In quanto proposta di legge, per definizione, è ancora oggetto d’esame. In attesta della sua eventuale approvazione, i datori di lavoro potrebbero proporre volontariamente progetti interni per ridurre il gap retributivo nella propria azienda.

L’unica società che oggi di recente ha volontariamente attuato piani d’azione che sono stati in grado di risolvere del tutto al suo interno il problema del divario retributivo tra lavoratori e lavoratrici è stata la Ferrari S.p.A. ottenendo dalla Fondazione svizzera, Equal Salary, la certificazione che attesta la parità di retribuzione tra donne e uomini a parità di qualifiche e mansioni. Che sia un primo passo verso la soluzione del gender pay gap?

E. De Vecchi