Salute e Benessere

Il blocco dei licenziamenti un anno dopo

La fine, parziale, del blocco

Come già affrontato in un precedente articolo*, a cui si rimanda, l’Italia ha dovuto adottare misure ad hoc di particolare impatto socioeconomico per gestire e limitare, per quanto possibile, gli effetti della pandemia da Covid-19. Tra tutte, spicca il blocco dei licenziamenti.

Attraverso questo intervento, che ha caratterizzato il dibattito pubblico sin dalla sua prima introduzione, il governo italiano ha inteso salvaguardare i livelli occupazionali, impedendo alle imprese di ricorrere ai licenziamenti, sia individuali che collettivi, per giustificato motivo oggettivo. Dallo scorso primo di luglio, tuttavia, tale divieto è venuto meno, salvo per le imprese del tessile, delle calzature e del comparto della moda, per le quali la misura in questione è stata prorogata fino al prossimo 31 ottobre.

La tutela dei livelli occupazionali

A questo punto, è arrivato il momento di tirare le somme e di provare a rispondere a un interrogativo ricorrente, vale a dire: il blocco dei licenziamenti ha concretamente funzionato?

Esistono diversi studi condotti al riguardo, come quello pubblicato dalla Banca d’Italia**, la quale ha stimato che, grazie al pacchetto anticrisi approntato in pieno periodo emergenziale, vale a dire blocco dei licenziamenti, Cassa Integrazione Guadagni e sostegni alle imprese, il nostro Paese è riuscito a tutelare oltre 400mila posti di lavoro. La mancata attuazione di tali provvedimenti, invece, sempre secondo quanto emerge dalle stime, avrebbe provocato un considerevole aumento del numero dei licenziamenti, circa il 30% in più rispetto alla media fatta registrare durante gli anni precedenti, andando di fatto a infrangere la cifra monstre delle 700mila cessazioni.

Effetti distorsivi sul mercato del lavoro

Seguendo tale prospettiva, quindi, non ci dovrebbero essere dubbi sulla bontà del provvedimento e, soprattutto, sulla sua efficacia. Tuttavia, la questione non è cosi scontata e critiche e obiezioni non sono mancate. Due, in particolare, le principali.

Da un lato, il blocco dei licenziamenti non ha protetto tutti in egual modo ma, per contro, ha contribuito ad accentuare disparità già note, scaricando gli effetti della crisi sulle categorie più deboli. A pagarne le conseguenze, infatti, sono stati principalmente i precari, i lavoratori stagionali e i somministrati, specialmente se giovani e donne. Senza tralasciare, poi, la rete degli invisibili, lavoratori irregolari che sfuggono al controllo delle istituzioni e, ovviamente, delle rilevazioni statistiche.

Dall’altro lato, secondo il parere di diversi tecnici, il suddetto blocco, oltre a essere incostituzionale, ha provocato effetti distorsivi sul mercato del lavoro. Esso ha costituito un freno tirato alle assunzioni e anche ai rinnovi, ha scoraggiato l’apertura di nuove imprese e ha impedito le ristrutturazioni aziendali di quelle già operanti.

Fonti:

Francesco Di Raimondo